Libreria Liberamente
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Doris Lessing: Il diario di Jane Somers, Feltrinelli, pag. 254 RECENSIONE DI ELISA FABBRI
Merita davvero il Nobel questo libro di Doris Lessing, tanto intensi sono il valore letterario, la forza narrativa, la serietà e la profondità dei contenuti. Il romanzo è un lungo dialogo che la protagonista Janna intesse con se stessa in forma del diario, rendendo così ancora più intima e introspettiva la scrittura, a testimoniare un’evoluzione interiore di enorme portata. Janna ha quasi cinquant’anni e dai diciotto ha lavorato alacremente in un’importante rivista femminile, anteponendo a tutto il proprio lavoro, che svolge con entusiasmo e senza risparmiarsi. Il poco tempo trascorso a casa è dedicato alla cura meticolosa della sua persona: preparazione degli abiti di un’eleganza sobria e sofisticata, lunghe ore nella vasca da bagno calda, poi a curare il suo corpo, così efficiente e bello. E’ davvero perfetta e così impegnata ad esserlo da non accorgersi che il suo mondo esteriore ha invaso tutta la sua personalità. Ma la vita vera non è perfetta né bella come la sua rivista patinata e come il suo aspetto: suo marito si ammala e muore e poi anche sua madre. Eppure in lei non vi è mai un vero coinvolgimento emotivo a questi eventi; si tiene lontana da quelle immagini di dolore e continua a lavorare, non c’è empatia con le persone che avrebbe dovuto amare di più. Janna ci appare insensibile ed egoista. Fino al giorno in cui tutto cambia, senza che nulla sia stato calcolato: in una farmacia incontra una donna vecchissima coperta di stracci. Scambiano poche parole e la donna elegante si ritrova in casa di una vecchia sola, senza mezzi, nello squallore, nel freddo e nella sporcizia. Senza capire bene il perché Janna si ritrova ad andare sempre più spesso a far visita alla vecchia signora, e al rientro a casa narra i particolari sul suo diario, una sorta di alter ego che la aiuta a vivere quel totale cambio di prospettiva. Quella di accudire sempre di più Maudi, di diventare ogni giorno di più la sua unica amica, la sua confidente, la sua preziosa interlocutrice non è una scelta ragionata: Janna non ci sarebbe mai riuscita in quel modo. Maudi la travolge come un’ondata inattesa e sconvolge il suo mondo dorato. E Janna non si ritrae: una forza interiore la conduce sempre più spesso lì, nella casa sporca e fredda, ad accendere la stufa a carbone, ad ascoltare la storia di una donna bizzarra e orgogliosa, che si indispone quando Janna non va da lei o quando va via troppo presto. C’è un filo che unisce le due donne e che nessuno sa da dove è partito. Vi è un’energia che scorre tra di loro, un tacito accordo, una sorta di empatia che le appaga quando sono insieme. Il loro rapporto ha tutta l’intensità e l’ineluttabilità del destino: era giunto il momento per Janna di scavare in sé, di scoprire una parte della sua personalità mai immaginata prima, di cambiare radicalmente la propria vita. Janna, che si allontanava dai suoi cari ammalati per non vedere la distruzione dei corpi, per evitare gli odori, gli umori, la prossimità con la morte, si ritrova a lavare una vecchia novantenne con un catino e l’acqua fatta bollire; a rovistare tra biancheria sporca e ammuffita per cercare qualcosa di pulito da metterle, a correre fuori sotto la neve per prepararle un pasto. La sua anima attraversa un guado e lei si ritrova dall’altra parte, più ricca, più appagata, più forte nella sua identità, perfino felice. Niente più bagni lunghi ore; anche il lavoro, lentamente, diventa sempre meno importante. Eppure non vi è mai un accenno di retorica, nè vi sono considerazioni moralistiche. Janna vuole bene a Maudi e l’aiuta anche quando farlo è faticoso e difficile. Le loro vite sono ormai legate. Quando arriva la fine per Maudi Janna trascorre ore all’ospedale. Conosce altre degenti, abbraccia Maudi che rifiuta di morire. Non ha più orrore di tutto questo. E’ serena. La figlia di sua sorella, che si è stabilita da lei per lavorare alla rivista, non capisce la vita che sua zia sta conducendo. E’ come se la Janna di prima fosse passata nell’anima della nipote. E ora Janna può continuare a vivere come ha scoperto di saper fare.
domenica 14 dicembre 2008
La poetica di Doris
In questo romanzo, che cattura il lettore con lo stesso acre incantamento da cui sono irretiti i personaggi narrati, protagonista e narratrice in prima persona è Janna (piccola variante di “Jane”, lo pseudonimo scelto dall’autrice). Janna, donna bella ed elegante di quarantanove anni, caporedattrice di una rivista a larga diffusione, ha alle spalle un solido successo professionale costruito con efficienza e levigata crudeltà, conquistato a prezzo di rinunce nella vita privata. Ha reagito alla perdita di due persone che amava, il marito e la madre, accentuando il proprio self-control e il piglio manageriale che costituiscono il suo fascino. Con vari uomini ha avuto legami brevi e distratti. Non trascura l’aspetto esteriore, sempre perfetto secondo l’ora e l’occasione. Un giorno, in una farmacia, Janna conosce una piccola e vecchia signora, Maudie Fowler. Comincia un’amicizia incredibilmente stretta, un legame quasi simbiotico. Janna prende a condividere e ad amministrare le manie, le fissazioni, le incallite abitudini di Maudie, i suoi malanni senili, e viene a contatto con un mondo disordinato e per lei dolorosamente affascinante, scoprendo una serie di possibili e insospettate trame esistenziali. Quando Maudie, dopo lunghi mesi di malattia, muore, Janna ha un moto di rivolta. Sa che d’ora in poi vivranno in lei due persone, e forse molte persone, germi inattuati di esistenze mai vissute. L’avventura verso imprevedibili terre sconosciute, una tensione da racconto cavalleresco trasposto nel grigio ambiente della metropoli, un segno di microscopica tragedia alla maniera antica fanno la singolarità di questo romanzo strano e bellissimo, dalla perfetta misura stilistica.